C'era una volta un barone che viveva in una piccola casa sulle rive di un fiume. Dacché la famiglia del barone aveva perso ogni briciola della sua antica fortuna, la casa dov'era cresciuto era piccola e misera. Eppure il barone conservava dentro di sé tutta la maestosa grandezza delle cose passate; una spiccata sensibilità per la bellezza e un gusto indiscutibile per i mobili, i vestiti e le anticaglie di ogni sorta. L'aspetto del barone era molto simile a quello che avevano avuto prima di lui i suoi antenati; la sua figura portava addosso la firma di una stirpe illustre. Come uno stemma in ceralacca, gli occhi erano alteri e i muscoli marmorei. I capelli corvini, appena ondulati, somigliavano a quelli delle statue più note. Il barone sembrava un Dio. Aveva, sempre come un Dio, un'età vaga e indefinita, un'aura candita come un lenzuolo nuziale gli aleggiava a ondate tutt'intorno. Nella piccola casa sulle rive del fiume, il baronetto viveva solo. Non ritenendosi all'altezza della società alla quale 'moralmente' sarebbe invece appartenuto, non trovava ragione di sposare una donna del popolo, o di frequentare uomini che si dedicavano a semplici mestieri. Viveva perciò nella solitudine totale trascorrendo le sue giornate a studiare le scienze umane, la filosofia, l'occultismo e trattati alchimici sulla materia. Nei confronti di questi ultimi, il barone aveva sviluppato una vera e propria ossessione. Si era costruito, impegnando gli ultimi gioielli al banco, un piccolo laboratorio. Lì, se qualcuno dall'altra parte del fiume si fosse messo a guardare con attenzione durante la notte, si sarebbe intravisto il barone armeggiare con ampolle e fuochi, fino al nuovo sorgere del giorno.
Fu proprio in una di quelle notti, dense di scintille, che il barone tra uno scoppiettio e l'altro sentì d'improvviso un rumore inusuale; qualcosa scalpicciava fuori dalla finestrina, era un muoversi di ali, un sibilo frenetico, di quelli che emettono volando solo i colibrì o gli uccellini appena nati che s'apprestano al volo – i rondinelli. Il baronetto, incuriosito, posò sul tavolo malfermo le carte ingiallite e s'avvicinò al davanzale. Una lucina rosa ondeggiava, saliva e scendeva mimando l'ipnotico movimento dell'ape. Non poteva essere una lucciola. Il barone indietreggiò dallo stupore. Un minuscolo corpo di donna si librava a mezz'aria sorretto da due ali trasparenti. Una fatina!