"Quel vulcano mi pare di averlo già visto," dice assorta, "solo non so in quale epoca." La prendo come una battuta. Lei non ammicca né sorride. Sulla terrazza della discoteca del Raya a Panarea soffia sempre una leggera, inspiegabile brezza. Anche oggi i tendoni bianchi ondeggiano, pur essendo agosto inoltrato. Ragazze dai caftani multicolori vanno di tavolo in tavolo a salutare amici e cugini alla lontana - qui i rami nobiliari si intrecciano come rampicanti - assicurandosi di non perdere tra un refolo e l'altro il loro foulard, mentre, sfidando ogni legge della fisica, i suoi capelli verdi non si muovono di un millimetro. Seduta al tavolo con persone che sembra ignorare, girata di tre quarti e severa nella sua contemplazione, guarda il mare, i grandi yacht, il vulcano di Stromboli. È la prima volta che la vedo dal vivo. Su Instagram è "ultracreature". Nella realtà, invece, non ho idea di quale possa essere il suo nome. A Panarea le persone sono quasi sempre le stesse. C'è poco ricambio. Le leggi che la governano sono quelle del prestigio familiare e dei conti in banca congeniti. Il Raya è un club che non ha bisogno di iscrizione. Basta una villa sull'isola, un panfilo ormeggiato al porto e la possibilità di spendere centinaia di euro per stappare una bottiglia qualunque sulla terrazza bianca. Come ho sentito dire spesso alla principessa Alessandra Borghese: "Chi viene a Panarea, sa della sua esistenza per passaparola. Così arrivano solo le persone giuste". Ma basta poco a capire che stasera la presenza di ultracreature oscura tutti i nostri cognomi. Occupando l'ultima sedia rimasta libera al suo tavolo, mi guardo attorno con circospezione. Prima d'ora non avevo mai condiviso la realtà concreta con una influencer...