Ci sono giorni dove non posso scrivere, sere dove il desiderio di vivere soffoca la presunzione di aver vissuto. La verità è che il mio pensiero rimane colmo di ombre, le stesse che si amavano sui muri e dettavano un'ora di fine con l'assenza della luce. Adesso loro, compagne nere e segretamente sentimentali, chiedono solenni la loro giustizia di parole. Nel rumore dei passi risulta facile cogliere il ritmo d'un uomo ma durante l'erotico grido la musica risuona completa perché intrinseca di risa e d'unità. Tramite il passionale respiro due corpi giungono ad udire un suono simile a quello che aleggia nei fondali marini, alla diretta, meravigliosa e vuota percezione dell'abisso. Abbiamo ardentemente pregato perché le nostre carezze sembrassero moventi e gentili blocchi di marmo, perché le nostre carni fossero rotonde, lisce, quasi elastiche, dense della molle densità del miele che cola sul miele. Da quando anelava funesta al piacere l'ira degli Dei, i sensi sono già i servi che girano la macina dell'anima. Echeggia nel tremore di una mano il significato massimo dei nostri destini, il potere di dare la vita da quello che fu un nostro casuale incontro. Così, nel dubbio pensare in cui mi sento, ho chiesto consiglio alla mia ombra, con lei ho cercato di arrivare alle cose che solitamente si nascondono. Dinanzi al riflesso di un lontano specchio, impercettibile come una perla su una fronte bianca, c'erano profetiche donne, resse di simboli e corpi lasciati alla passione. Ed io, sola, non trovando noi stessi che neri e tuttavia luminosi, ho creduto che sarebbe stato dolce perché da anni e da numerose esistenze, è sempre il nostro giorno.